Gloria: non chiamateci eroi

“DIAMO VOCE A …” VIAGGIeMONDO intervista Gloria Martinelli, coordinatrice infermieristica

di Antonella Pino d’Astore

 

 

 

 

Gloria Martinelli è coordinatrice infermieristica, lavora all’Ospedale S. Eugenio, ASL Roma 2; l’ho raggiunta via Skype per un’intervista a fine giornata lavorativa.

 

Mi ha colpito il suo sguardo sereno, la sua dolcezza, nulla fa pensare che ha appena concluso una giornata di lavoro massacrante. Mentre noi ci lamentiamo della nostra clausura, Gloria sta già pensando a come organizzare la sua prossima giornata in ospedale: lei non ha dubbi, domani si riparte per alleviare una sofferenza, per salvare una vita.

 

 

 

Ma quando si parla del suo lavoro, della sua dedizione, della sua passione nell’ occuparsi degli altri e della gente che soffre, non vuole essere considerata un’eroina. Lo sottolinea a gran voce, ma con quel garbo e quella fermezza che irrompe nel cuore e nella testa: Gloria è una professionista, per lei non esistono emergenze da gestire solo “ai tempi del covid”. Infermieri e medici sono sempre in prima linea, non dobbiamo ricordarlo solo nelle occasioni straordinarie e di massimo coinvolgimento emotivo.

 

Ospedali pro-covid, ospedali no-covid. Come è organizzato il S. Eugenio?

Il S. Eugenio è un ospedale no-covid. Tuttavia, dopo le notizie allarmanti provenienti dalle zone rosse di Wuan in Cina e in Lombardia, il S. Eugenio si è riorganizzato all’interno con percorsi assistenziali pronti ad accogliere anche pazienti covid-positivi. Non ci siamo fatti cogliere di sorpresa anche se si sapeva così poco su come combattere questo virus altamente contagioso e pericoloso. Dobbiamo pensare che a livello sanitario la situazione che si è venuta a creare non è mai stata vissuta in Italia negli ultimi cento anni”.

 

Come si è preparato il personale sanitario nell’ospedale S. Eugenio?

Il triste primato della Regione Lombardia ha permesso alla Regione Lazio di valutare in tempo utile la preparazione all’ impatto e di mitigare le conseguenze tragiche. Abbiamo avuto circa venti giorni per prepararci. Ci siamo dovuto aggiornare, fare dei corsi e attività sul campo, addestrarci ed equipaggiarci per accogliere eventuali pazienti covid positivo. Visto il lungo periodo di incubazione del virus, i positivi al covid potevano essere anche i nostri pazienti già ricoverati in rianimazione”.

 

 

Possiamo dunque affermare che il Lazio e la città di Roma hanno reagito correttamente all’impatto?

“Le iniziative prese dal governo, cioè chiusura delle scuole, chiusura delle attività commerciali, distanziamento sociale, raccomandazioni delle misure di igiene personale, hanno sicuramente permesso di rallentare e ridurre la catena del contagio. Per fortuna ci siamo difesi molto bene fino ad oggi. I dati della Regione Lazio sono confortanti, ci siamo comportati bene, sia come popolazione che come sanitari. Quello che dobbiamo fare è stare molto attenti alle prossime fasi, perché quando torneremo tutti per strada avremo possibilità esponenziali di nuovi contagi.

 

Dobbiamo dunque mantenere alta l’attenzione, rispettare le regole, adottare comportamenti autoprotettivi, ascoltare quello che persone competenti ci stanno dicendo. Si è tanto parlato di utilizzo delle mascherine. La popolazione deve usare solo la mascherina chirurgica in tessuto Tnt, monouso, con il filtro. Naturalmente possono nascere dubbi sul corretto utilizzo e sulla facilità con cui reperire le mascherine. La popolazione deve informarsi attraverso i siti e i tutorial della Protezione Civile in modo da adottare comportamenti corretti”.

 

Il dopo coronavirus…

Si dice che quando esci da una tempesta non sei mai come eri prima di entrarci. Da una situazione negativa si deve uscire con insegnamenti positivi. Spero che questo disagio ci porti a riconoscere il valore reale della vita e dei sentimenti, a dare delle priorità e ad apprenderà la parte più positiva di questo delicato periodo che stiamo attraversando.

 

 

“Ma ho qualcosa da dire, un messaggio da trasmettere. Noi personale sanitario non siamo né eroi, né angeli; in realtà io personalmente mi sento più un diavolo quando con forza e determinazione lavoro per far sì che la persona che mi è stata affidata possa avere il massimo da me e dai miei collaboratori. Dal mio punto di vista, cioè da professionista, il paziente, che sia affetto da coronavirus o che sia affetto da altra patologia, per me è sempre un paziente. Per il medico, per il tecnico, per l’ausiliario, per tutte le altre figure di supporto, il paziente è sempre una persona che necessità di assistenza e attenzioni, necessita della nostra professionalità e competenza”.

Questa intervista viaggia sul filo conduttore della profondità: dalla profondità e sensibilità delle affermazioni di Gloria-coordinatrice infermieristica, alle immagini stupende delle azzurre profondità del mare commentate da Gloria-appassionata di immersioni subacquee.

Grazie Gloria per le riflessioni e le emozioni che ci hai regalato.

 

Antonella Pino d’Astore