“Almarina” di Valeria Parrella

SALOTTO DIGITALE – la WEB TV di VIAGGIeMONDO a cura di Adele Materazzo e Antonella Pino d’Astore

Adele Materazzo ha letto per noi:

Almarina” di Valeria Parrella – Finalista al Premio Strega 2020

Elisabetta è una professoressa di matematica che insegna ai detenuti nel carcere minorile di Nisida. Il contesto della storia, quindi, è il carcere che si trova sull’isola di Nisida, un’isola minuscola, bellissima ma non accessibile, se non alle persone autorizzate. Qui Elisabetta, arriva quotidianamente, esegue tutte le procedure di sicurezza all’ingresso del carcere, lascia la sua sacca in un armadietto e vive il distacco dal mondo esterno per entrare in questo luogo popolato da giovani “devianti”.

Sembrerebbe tutto lineare, ma nella storia di Elisabetta non c’è nulla di lineare, né di semplice, soprattutto per la risonanza interiore che hanno prodotto e producono tutti gli eventi che ha vissuto e che nel tempo l’hanno svuotata di vita e riempita di malinconia. Una malinconia disperata e rabbiosa che fa male. È difficile, poi, insegnare a dei ragazzi che hanno già affrontato esperienze drammatiche nel breve spazio di vita vissuta: i ragazzi che sono a Nisida hanno attraversato ambienti ostili e degradati; conoscono la droga, hanno subito e fatto violenza; conoscono il dolore meglio dell’abc della matematica e della lingua. È difficile trovare il modo di far attecchire gli insegnamenti ma ancora più difficile è trovare la giusta distanza rispetto a loro: quanto ci si può avvicinare, come oltrepassare la cortina di rifiuto o fino a che punto è giusto avvicinarsi? Ma poi succederà qualcosa di inatteso: l’incontro con Almarina.

Questo incontro cambierà tutto. Elisabetta comincerà a conoscere la ragazza durante le lezioni. Almarina è una ragazza romena, che ha vissuto un’infanzia drammatica, fatta di violenze fisiche e sessuali, arrivata in Italia attraverso un viaggio terribile. Anche Elisabetta ha un passato pieno di dolori, delusioni, del desiderio di un figlio che non ha mai avuto né potuto adottare e della perdita di suo marito, Antonio, morto all’improvviso. Tutto questo riaffiora un pezzetto per volta richiamato in vita da piccoli spunti del presente. Quella di Elisabetta è una vita che si è progressivamente scolorita e avvizzita. Almarina è come l’acqua che la reidrata. L’incontro con Almarina sarà per Elisabetta una specie di risveglio dalla condizione di sconforto in cui si trovava e il desiderio di dare un futuro migliore ad Almarina riporterà in lei la voglia di ricominciare a vivere, liberarsi della nostalgia che la attanaglia e colmare quel vuoto di amore lasciato dal marito con nuovo nutrimento dell’anima. Elisabetta, così, cercherà di adottarla.

Valeria Parrella è una scrittrice, non una narratrice. Lo stile per uno scrittore rappresenta un aspetto sostanziale. In questo romanzo siamo di fronte a uno stile davvero personalissimo ed elaborato. La storia è narrata in prima persona come un lungo monologo inframezzato di dialoghi e non si esprime con un linguaggio piano. La narrazione si basa su un gioco di relazioni tra pensieri sulla vita che si svolge ora e rimpianti del passato, di nostalgia e speranza tenuti insieme da una lingua che lascia filtrare forme vagamente dialettali o che si impreziosisce con parole scelte con cura o ancora con una punteggiatura che segue il pensiero. Il tutto come se la storia fosse la trama e la lingua l’ordito necessario per creare il tessuto.

L’autrice sa esprimere le emozioni e sono quelle che devono arrivare al lettore, insomma è questa la vera abilità che si chiede allo scrittore: che sappia far arrivare le emozioni, anche e soprattutto attraverso il “non detto”. Qualcuno ha criticato il libro dicendo che è troppo breve e ci sono temi non completamente sviscerati. Secondo me è proprio questo, invece, il pregio: lasciare al lettore il compito di completare con la sua sensibilità quanto non venga esplicitamente detto. Lei sa farlo molto bene, mai una parola di più, mai una di meno: solo quelle che servono.  E dal personaggio la palla passa, poi, al lettore, e si restituisce agli adulti e alla società la responsabilità di situazioni come quella di Almarina.  “Dietro a un ragazzo colpevole c’è un adulto colpevole”, dice Valeria Parrella.