Galleria d’Arte Moderna di Roma: “Ciao Maschio. Volto, potere e identità dell’uomo contemporaneo”, fino al 14 novembre 2021

di Ilaria Caravaglio

 

La Galleria d’Arte Moderna di Roma ospita, fino a metà novembre, la mostra “Ciao Maschio. Volto, potere e identità dell’uomo contemporaneo”, a cura di Arianna Angelelli e Claudio Crescentini. Cinque le sezioni che scandiscono l’esposizione, una suddivisione che rimanda alle sequenze tematiche del film del 1978, diretto da Marco Ferreri, il cui titolo è, appunto, Ciao Maschio; il regista è, tra l’altro, anche protagonista di una delle opere in mostra, il film d’arte firmato Mario Schifano ed intitolato, appunto, Ferreri.

 

 

 

Il percorso espositivo inizia con Il Volto del Potere, che vede una prima sala, dedicata alla dimensione politica, allestita come una quadreria ottocentesca; un puzzle che accoglie, fitto ed invadente, i volti degli uomini di potere e che vede confrontarsi i classici ritratti di fine Ottocento, volti e busti a trequarti, sguardi che saltano fuori dalle tele, con quelli che ben rappresentano l’evoluzione del tema fino agli anni Sessanta, da Mao di Sergio Lombardo a Lenin di Mario Schifano, fino a giungere ad Hope, del 2008, il volto graficizzato di Barak Obama divenuto immagine simbolo, seppur non ufficiale, della sua campagna politica.

Sempre nel Volto del Potere, è inserita poi una sezione dedicata al sistema dell’arte, in cui è palese una virata degli artisti che, ai ritratti dei politici, iniziano a sostituire i propri autoritratti o gli omaggi agli amici-colleghi, in uno slancio narcisistico e con quella voglia di immortalità che risulta ben più accentuata tra gli artisti-maschi che non tra le donne degli stessi anni.

 

 

Si passa poi alla sezione denominata Il Volto del Terrore, in cui i volti dei dittatori non necessitano di presentazioni o descrizioni, perché arrivano al fruitore in tutta la loro riconoscibilità come dimostra, nelle sue linee essenziali, la terracotta dipinta di Renato Bertelli e intitolata Profilo continuo – DUX, da lontano l’aspetto di un vaso o un’urna, da vicino l’inequivocabile profilo di Mussolini.

 

 

 

 

Nella sezione dedicata all’Identità maschile si assiste, invece, ad un’evoluzione che, partendo da un’identità radicata che dipingeva l’uomo come necessariamente prestante, coraggioso, virile, raggiunge, nel secondo Novecento, un’apertura verso nuove possibili rappresentazioni, ben osservabili nelle opere di Renato Mambor, Valerio Adami o Fabio Mauri, fino ad arrivare a The Kiss, video di Francesco Vezzoli ispirato alla serie TV degli anni Ottanta, Dynasty, in cui uno dei protagonisti parla per la prima volta apertamente di bisessualità. Nella sezione Culto del Corpo ed Etica dello Sport si osserva il passaggio dal corpo classico e virile, diretto discendente dell’antica Roma, dei disegni preparatori di Gino Severini per i mosaici del Foro Italico al <<quadro specchiante>> di Michelangelo Pistoletto che presenta un corpo normale e reale nelle sue fattezze.

 

 

Conclude il percorso la sezione Uomini visti da Donne, uno sguardo femminile sul maschio, attraverso gli occhi e le opere di artiste attive dal secondo Novecento, opere che, delineando limiti e problematiche dell’uomo, aspirano a superare le divergenze di genere.  La mostra si chiude con l’installazione urbana del 2017 Till Death Tears Us Apart di Mark Jenkins, che mette in scena di una sorta di “fine assoluta” dell’uomo servendosi di un iper-realismo tanto drammatico quanto coinvolgente.

 

Ilaria Caravaglio