Diva. Una sinfonia per Weimar. In anteprima al Goethe Institut di Roma

di Tania Turnaturi

Lo spettacolo dal sapore retrò riecheggia l’atmosfera d’avanguardia della Berlino degli Anni Venti.

Una rilevante fioritura artistica, culturale e scientifica caratterizzò la Berlino della Repubblica di Weimar, come venne denominato il Reich tedesco nel periodo dal 1918 al 1933 dalla città in cui venne sancita la costituzione, alla fine della prima guerra mondiale e dopo la rivoluzione di novembre che determinò la proclamazione della Prima Repubblica Tedesca e l’abdicazione del kaiser Guglielmo II.

 

 

Berlino fu il centro propulsore di un vento intellettuale che nei quattordici anni della Repubblica di Weimar ha attraversato vari generi dalla letteratura all’architettura, dalla drammaturgia al cinema, con una produzione intellettuale che ha consegnato alla Storia un’autentica rivoluzione, anche nei costumi. Fu tale l’egemonia culturale in ogni settore dello scibile e in ambito politico e sociale, che il filosofo Ernst Bloch ha definito quel periodo come la “nuova età di Pericle” paragonandolo al massimo splendore raggiunto da Atene nell’età d’oro del V sec. a.C.

Bruno Maccallini, sulla drammaturgia di Antonella Ottai, imprime la sua cifra stilistica sviluppando una messinscena liricamente evocativa grazie alla duttilità interpretativa e alla ragguardevole presenza scenica di Chiara Bonome che incarna la Diva del titolo, summa delle protagoniste delle scene berlinesi e cioè cantanti, attrici, poetesse, scrittrici e giornaliste che hanno rivoluzionato l’immagine del femminile del primo ventennio del Novecento, permeato del nuovo clima di libertà politica seguito all’assolutismo guglielmino.

Nell’ambientazione del famoso Romanisches Café (di stile neoromanico), ritrovo dell’intellighenzia internazionale (scrittori, pittori, attori, registi, musicisti, giornalisti, critici, cabarettisti dell’epoca), prendono vita figure emblematiche frequentatrici del locale o che vi hanno trasfuso l’afflato della loro unicità: Else Laske-Schüler, Claire Waldoff, Marlene Dietrich, Anita Berber, Valeska Gert, tutte insieme idealizzate nella  Diva, la Donna iconica di una nuova tendenza spregiudicata e moderna, cui viene dedicato un aneddoto, una citazione, un profilo che la Bonome esprime con brioso estro cambiando abbigliamento o indossando un cappello o un foulard o, perfino, mimando la libertà sessuale tipica dell’ambiente. Nel mentre, il capocameriere Karl, interpretato con scioltezza e generosa modestia da Bruno Maccallini, la supporta nel servire le ordinazioni e annotare particolari significativi, citando il movimento architettonico del Bauhaus o il teatro epico di Bertolt Brecht, ma ricordando anche personaggi caduti nell’oblio della deportazione nazista.

La Romanisches Haus fu distrutta da un raid aereo alleato nel 1943. E, infatti, i video proiettati sul fondale con le macerie dei bombardamenti preconizzano il crollo disastroso che seguirà.

Attraverso una selezione di autori da Brecht a Klabund, da Laske- Schueler a Tucholsky, da Hollaender a Weill, da Eisner a Gruenbaum e di poesie, song, brani orchestrali e brani satirici di cabaret,  lo spettacolo ripercorre alcune tematiche di quegli anni, come la critica al militarismo e la rivoluzione dei comportamenti sessuali, le sperimentazione artistiche d’avanguardia, il razzismo crescente e la crisi economica incombente, nella colonna sonora di Pino Cangialosi, con composizioni originali ed elaborazioni di brani d’epoca che spaziano dal popolare all’avanguardia, interpretando lo spirito del tempo

A margine del Laboratorio teatrale Una risata allunga la vita? questo evento segna il secondo appuntamento in anteprima del ciclo “Kabarett Weimar”, che sarà riproposto integralmente il 23, 24 e 25 aprile al Teatro Vascello. La trilogia è composta da Stasera ho deciso di venirmi a trovare per fare due chiacchiere con me stesso e Grotesk! Ridere rende liberi.

 

Tania Turnaturi