Gustav Klimt al Palazzo Reale di Milano: alle origini di un mito

di Marco Mazzanti

Alle origini di un mito. Il mito di Gustav Klimt, il Protagonista della Secessione Viennese, una mostra esclusiva realizzata in collaborazione con il Museo Belvedere di Vienna, curata da Alfred Weidinger, affermato studioso dell’artista austriaco.

Sangue boemo nelle vene, secondo di sette figli in una famiglia modesta, Gustav Klimt fu, fin da giovanissimo, influenzato dal fascino del mestiere del padre, orafo incisore, e dalla passione per la musica della madre, cantante lirica. I suoi studi, iniziati nel 1876 presso la Kunstgewerbeschule (la scuola di arti applicate, legata al Museo per l’Arte e per l’Industria), gli permisero di confrontarsi con svariate tecniche e di dedicarsi infine alla pittura.

Nel 1879, insieme al fratello Ernst e al compagno di studi Franz Matsch, fondò la Compagnia degli Artisti, piccola società che fu appoggiata dal loro insegnante Ferdinand Laufberger e che ottenne subito prestigiose commissioni. La stabilità economica raggiunta permise loro di aprire, nel 1883, un atelier e di lavorare nella capitale dell’Impero; all’epoca, nella scena artistica, e in particolare quella pittorica, faceva da padrone Hans Makart, mentore che col suo cui stile dal gusto esotico e sensuale – nonché un uomo dal carattere salottiero e passionale – ispirò i giovani artisti portandoli a ulteriore successo.

Entrare nelle sale del Palazzo Reale di Milano è come immergersi in quest’epoca di splendore, ori rilucenti, ritratti maestosi, ovvero gli originali e le riproduzioni fedeli dei massimi capolavori, esposti nei musei più importanti del mondo.

Si parte dalle origini, i primi lavori dei due fratelli minori, anch’essi artisti, il già citato Ernst, morto prematuramente a soli trent’anni, e poi Georg, quindi i ritratti delle sorelle Klimt, le fotografie preziose, volti di malinconia nei tratti e mistero negli occhi.

La voce di Eva Di Stefano, professore associato all’Università degli Studi di Palermo e autrice di diverse monografie sull’arte a cavallo tra XIX e XX secolo, guida il visitatore svelando i retroscena e gli aspetti più misteriosi e affascinanti di Gustav Klimt: ogni opera è un piccolo scenario di relazioni e passioni, amicizie illustri, amori, idiosincrasie che danno a quest’esistenza la dinamicità e la profondità di un grande romanzo.

Procedendo, conosciamo nel dettaglio le opere più famose: si scoprono la sensualità di Giuditta e il mistero dei Fuochi Fatui, che trasportano in un mondo ambivalente, magico e macabro; il fascino, allora scandaloso, di La Filosofia e La Medicina, i cui originali sono andati distrutti. Vengono altresì descritte le personalità di Franz Matsch e di altri illustri contemporanei di Gustav Klimt, fino ad arrivare al grandioso Fregio di Beethowen del 1902, cuore dell’esposizione milanese, nonché della XIV mostra della Secessione.

Opera divisa in tre parti, ispirata alla Nona Sinfonia di Beethowen, fu concepita per essere la cornice per il monumento dedicato al musicista tedesco: un cavaliere si fa strada in una dimensione onirica popolata da sinuose figure femminili dal cui aspetto emaciato si deduce l’influenza del pittore Ferdinand Hodler e dello scultore George Minne, artisti che godevano della stima dei secessionisti; il cavaliere, che ha le fattezze di Gustav Mahler, si inoltra di un mondo popolato da conturbanti forze ostili per poi ritrovarsi, nel terzo segmento del fregio, nel trionfo della Bellezza, un bacio che sanciscela Vittoria, in un ambiente popolato da esseri angelici disposti in coro, un chiaro parallelismo con l’Ode alla Gioia di Schiller, messa in musica nel finale della Nona Sinfonia.

La mostra milanese continua con altre numerose opere, sia di Klimt che di altri artisti che delinearono il panorama artistico di un’epoca, e si conclude con Adamo ed Eva, dove domina una carnalità scabra e sensuale al contempo, dipinto incompiuto dove domina la crudezza e al tempo stesso la dolcezza di una donna dalle forme opulente che rende succube l’uomo. E forse anche lo spettatore.

 

 

Marco Mazzanti