di Paola Esposito
I protagonisti delle opere di Edward Hopper spesso immergono i loro sguardi nello spazio di un’immagine immersa in un silenzio surreale, di un mondo reso profondamente vulnerabile da una spinta economica troppo rapida.
Nelle sue opere Hopper ci sussurra all’orecchio la solitudine e l’estraneità dell’uomo da ciò che il mondo sta diventando. I suoi quadri rappresentano una visione premonitrice dei nostri giorni, quel mondo che vede attraverso gli occhi dei suoi personaggi, oggi sembra prendere forma, in una realtà sconosciuta, distante difficile da vivere.
E’ l’inizio del ‘900 quando le vecchie abitazioni vengono distrutte per dare vita a una nuova architettura, quella immensa, imponente degli edifici giganteschi, dove la natura perde i suoi colori perché assorbita da nuove geometrie. I protagonisti di Hopper guardano smarriti, ponendosi interrogativi mai risolti su ciò che sarà la natura umana, se essa avrà un posto in questo nuovo mondo.
La realtà viene spogliata di ogni cosa che possa apparire come superflua, per divenire essenziale, spoglia, quasi irreale, immersa in un silenzio profondo; tutto ciò ci riporta alla mente ciò che stiamo vivendo oggi, forzatamente chiusi e costretti a pensare un modo futuro che ci sforziamo di immaginare.
Le atmosfere percepite nelle opere di Hopper, quasi cento anni prima, condividono i nostri vissuti di incredulità e di stupore per ciò che non conosciamo, per tutto quello che non ci aspettavamo, per la comprensione dell’accelerazione così rapida del progresso negli ultimi cento anni, che si è portata con se distruzione di foreste, l’inquinamento dell’aria e dell’acqua.
E soprattutto si è portata con se il delirio di onnipotenza che troppo spesso si anima nella mente dell’uomo, grazie al quale tutto è possibile, in nome del profitto e dello sviluppo di un mondo del quale abbiamo perso i confini e il profondo significato che lo rappresenta, quel mondo che altro non è che la nostra casa.
Paola Esposito
Paola Esposito
