Monte Sant’Angelo (FG), tra fede, storia e leggenda

testo e foto di Giuseppe Bonfitto.

Arroccato su uno sperone di natura calcarea (843 s.l.m.) in una posizione strategica tra il meraviglioso mare di Mattinata, Manfredonia e Siponto, dirimpettaio di quel meraviglioso polmone naturistico che è la Foresta Umbra, terrazzo panoramico del tavoliere, si trova Monte Sant’Angelo, città patrimonio dell’UNESCO.

Basterebbero queste due frasi per far si che la nostra voglia e curiosità di viaggiare si accenda … Ma Mond’ (Monte Sant’Angelo in dialetto) è molto di più, è fede, è leggenda, è storia.

Conosciuta nel mondo per il santuario di San Michele Arcangelo Monte Sant’Angelo è anche sito seriale del potere Longobardo in Italia.  I siti riconosciuti in Italia sono sette: Cividale del Friuli, Brescia, Castelseprio, Spoleto, Campello sul Citunno, Benevento e Monte Sant’Angelo, che era parte del ducato di Benevento. Il santuario fu fondato prima dell’arrivo dei longobardi, ma da questi adottato come santuario nazionale da dove partire per le loro conquiste.

Oggetto del mecenatismo monumentale sia dei duchi di Benevento, sia dei Re istallati a Pavia, che promossero numerosi interventi di ristrutturazione per facilitare l’accesso alla grotta della prima apparizione e per alloggiare i pellegrini,  il santuario di San Michele Arcangelo divenne  una delle principali mete di pellegrinaggio della cristianità, tappa di una variante della Via Francigena che conduceva in Terra Santa.  

Le apparizioni dell’Arcangelo Michele.

Secondo la tradizione, l’Arcangelo apparve una prima volta nel 490, durante il pontificato di Felice III.

A un certo Elvio Emanuele, pastore e signore del monte garganico, era fuggito un toro dalla mandria. Dopo giorni di ricerche l’aveva finalmente trovato inginocchiato all’interno di una grotta quasi inaccessibile. Poiché l’animale non si lasciava catturare, il mandriano scoccò una freccia per ferirlo, ma la freccia invertì al sua traiettoria e colpì lo stesso arciere. L’uomo colpito e turbato si preoccupò di raccontare subito l’accaduto al vescovo Lorenzo Maiorano della vicina Siponto il quale rilevando il fatto come sovrannaturale decretò ai fedeli tre giorni di penitenza.

Al terzo giorno, l’8 maggio, il san vescovo ebbe l’apparizione, probabilmente in sogno, dell’Arcangelo, il quale gli disse: «Io sono l’Arcangelo Michele e sto sempre alla presenza di Dio. La caverna è a me sacra, è una mia scelta; io stesso ne sono il vigile custode … là dove si spalanca la roccia possono essere perdonati i peccati degli uomini … Quel che sarà qui chiesto nella preghiera sarà esaudito. Va’ perciò sulla montagna e dedica la grotta al culto cristiano»

La seconda apparizione è detta della “Vittoria” e avviene due anni dopo la precedente apparizione del Toro. 

Siamo nel 492 d.C., Siponto, cittadina a 15 km da Monte Sant’Angelo è assediata dagli Eruli, un popolo pagano, comandati da Odoacre.
Siponto era ridotta allo stremo, ma il Vescovo Lorenzo di Maiorano chiese e ottenne tre giorni di tregua da Odoacre. 

Il Vescovo ordinò alla popolazione di pregare e di fare penitenze per avere l’intercessione dell’Arcangelo protettore del popolo di Dio.  San Michele Arcangelo apparve e promise il suo aiuto al Vescovo .

Un violento temporale accompagnato da tempeste di sabbia e grandine, si abbattè sulle truppe di Odoacre, che in preda al terrore scapparono sciogliendo l’assedio.

San Michele Arcangelo aveva salvato Siponto e il Vescovo Lorenzo di Maiorano organizzò una nuova processione verso Monte Sant’Angelo di Puglia. 

La terza apparizione è detta della “Meditazione” in quanto è la prima che “lascia un segno tangibile” della presenza di San Michele Arcangelo. 

Il Vescovo Lorenzo di Maiorano, riconoscente a San Michele Arcangelo dell’intervento contro gli Eruli, aveva ottenuto da Papa Gelasio I il permesso di poter consacrare la grotta in cui San Michele era apparso. 

Ma San Michele Arcangelo riapparendo di nuovo in sogno al Vescovo gli disse: “ Non è necessario che voi mi dedichiate questa chiesa che Io stesso ho consacrato con la mia presenza. Entra e con il mio aiuto innalza preghiere e celebra il Sacrificio.  Io ti mostrerò come Me stesso ho consacrato questo luogo”.

Il Vescovo Lorenzo di Maiorano, insieme con altri sette vescovi, al clero e alla popolazione pugliese si avviò in processione verso Monte Sant’Angelo. 

E’ 29 settembre del 493 e fa molto caldo quando, durante il cammino, si verificò un primo “miracolo“. Due aquile, con le loro ali spiegate, ripararono i vescovi dai raggi del sole. 

Giunti alla Grotta un secondo “ miracolo “ in quanto vi trovarono eretto un altare coperto di un pallio vermiglio e sormontato da una Croce di legno . 

Finalmente San Michele Arcangelo aveva dato il segno di quale era la Sua Grotta. Inoltre all’entrata nella roccia trovarono il segno soprannaturale lasciato da San Michele Arcangelo ovvero l’orma del piede di un bambino. 

Al Vescovo Lorenzo di Maiorano ora restava il compito di far edificare una chiesa, l’attuale santuario. Da quel giorno il Monte Drion, che in greco Drion significa quercia, fu chiamato Monte Sant’Angelo. 

Si hanno notizie di una quarta apparizione avvenuta 1656 d.C. Tale Federico Spagnoletta, villico locale, fu colpito dalla peste. Essendo molto fedele di San Michele Arcangelo, si recò presso la grotta dell’Arcangelo per pregare. Qui prese delle schegge di pietra e le pose sui bubboni della peste e miracolosamente guarì in pochissimo tempo. 

Ma Federico non aveva capito che la sua guarigione era data dalle pietre e dall’intercessione di San Michele Arcangelo. Anche questa volta San Michele Arcangelo apparve in sogno, spiegandogli cosa gli era accaduto … e annunciandogli che il miracolo era riproducibile. 

La notizia si diffuse molto più velocemente della peste, perché anche il Vescovo Alfonzo Puccinelli gridò al miracolo. Da allora la grotta divenne meta incessante dei pellegrini devoti a San Michele Arcangelo e le piccole pietre sono considerate quasi come delle reliquie.  Per la cronaca  esiste anche un’altra versione dell’accaduto.

Fu il Vescovo Alfonzo Puccinelli, che ordinò giornate di preghiere e di digiuno per invocare l’aiuto di San Michele Arcangelo, arrivando a lasciare nelle mani della statua di San Michele una supplica scritta in nome di tutta la popolazione locale. 

Ed ecco, sul far dell’alba del 22 (o 25) Settembre, mentre pregava in una stanza del palazzo vescovile di Monte Sant’Angelo, il Vescovo Puccinelli sentì come un terremoto e poi San Michele gli apparve avvolto in una luce fatta da tutti i colori dell’arcobaleno e gli disse: “Io sono l’Arcangelo Michele 
Chiunque utilizzi la pietra di questa grotta sarà guarito dalla peste. 
Benedici le pietre e scolpisci su di esse il segno della Croce e le iniziali del mio nome”. Il vescovo fece come San Michele Arcangelo gli aveva detto e ben presto tutta l’area fu liberata dalla peste. 

 Fede, leggenda, storia.

Le cose si miscelano nelle mura di Monte Sant’Angelo, ma non sono le uniche a miscelarsi tra loro…

Il fantasma della rocca di Monte Sant’Angelo: lo spettro di Bianca Lancia 

Secondo le discordi fonti del tempo, Bianca apparteneva alla nobile famiglia Aleramica dei Lancia da parte di madre; forse era figlia di Bonifacio I d’Agliano, conte di Agliano, conte di Mineo e signore di Paternò, e di una Bianca Lancia (figlia del marchese piemontese Manfredi I Lancia). Tanto i Lancia, quanto i d’Agliano, aristocratiche famiglie ghibelline del Piemonte, ormai scalzate dal potere dall’ascesa dei Liberi Comuni, avevano cercato miglior fortuna nel Regno di Sicilia del giovane Federico II,  Manfredi II Lancia, zio di Bianca, verso la metà degli anni venti del secolo si trasferì al seguito di Federico II.

A partire dal 1225 Bianca mantenne una relazione illegittima con Federico II, che conobbe in circostanze non determinate, secondo alcuni durante il matrimonio di lui con Jolanda di Brienne.

Si narra di uno spettro, una figura femminile che si aggira tutt’oggi nelle stanze della fortezza dauna. Leggenda vuole che presso il Castello di Monte Sant’Angelo Bianca fosse stata tenuta prigioniera dalla gelosia dell’imperatore. Si racconta di una morte violenta. Bianca Lancia si sarebbe gettata da un torrione del castello di Monte. Un suicidio nato dalla lontananza fisica e sentimentale di Federico II, distratto da altri impegni e bellezze femminili.

Noi sappiamo che non fu così…

Bianca fu sposata dal suo sovrano in articulo mortis, dopo avergli dato tre figli. Si dice che Bianca, quarta moglie di Federico fu la sola donna da lui veramente amata, ma ancora oggi c’è chi giura che la figura della regina triste, così era chiamata Bianca Lancia, s’intraveda tra le mura del castello durante i gelidi pomeriggi invernali e i suoi lamenti siano ancora udibili dagli abitanti del luogo.

Ma torniamo alla realtà di oggi.

Monte Sant’ Angelo oggi è meta di migliaia di turisti che giungono qui nei loro pellegrinaggi votivi. La discesa nella famosa grotta di San Michele e quanto di più personale e caratteristico che un pellegrino credente possa provare.

La statua dell’arcangelo racchiusa al centro della grotta sembra padroneggiare e allo stesso tempo difendere i suoi fedeli regalando quella sensazione di verità indiscussa che ogni credente chiede. Ma non solo la fede sposta le montagne, in questo caso di pellegrini, ma anche la natura insieme a quell’opera dell’uomo chiamata arte.

Balcone prediletto dell’immensa natura che è il parco del Gargano, Monte ne è anche sede amministrativa.

Il suo centro storico con il Rione Junno il primitivo nucleo urbano costituito in prevalenza da grotte mono e bicellulari, i suoi musei quell’Ispirato a devozione quello Lapidario e quello di Arti e Tradizioni popolari, l’Abbazia di Pulsano posta sull’altopiano, a circa 8 km da monte Sant’Angelo, gli Eremi, il Complesso Monumentale di san Pietro, San Giovanni in Tumba nota anche come Tomba di Rotari,la Chiesa Convento di S Francesco… tutto ne fa un centro di ricco interesse storico turistico a 360°.

Per non parlare poi della meravigliosa gastronomia che vi è in loco. Il solo pane pugliese prodotto a Monte sant’Angelo vale il viaggio in questa terra.

Esaltato dal meraviglioso olio extra vergine che si produce nella vicina Mattinata con la sola aggiunta di pomodoro, sale e origano regala al palato una delle sensazioni più incantevoli mai provate. Ne esiste anche una variante più ricca è la ben nota acqua sala fredda, con cipolla, peperoni, capperi e olive.

Durante le tante sagre che animano il paese, è possibile anche assaporare il delizioso pane cotto, una zuppa calda di pane, con fave, verdure di campo, patate e pomodorini (non senza un bel filo di olio extravergine a condire!)

Gli amanti dei formaggi tipici non potranno perdersi l’occasione di assaggiare il caciocavallo podolico, prodotto dal latte delle mucche allevate nei pascoli e nelle valli circostanti il paese.

Un piccolo paradiso insomma, nel bianco delle sue case, nel verde della Foresta Umbra e nell’azzurro del golfo di Manfredonia.

 

Giuseppe Bonfitto