Questione di tempo: fermare il terrorismo islamico in Europa

di Carlo d’Argenzio

Bruxelles – Il 18 marzo scorso la cattura di Salah Abdeslam, mente e braccio degli attentati del 13 novembre a Parigi, ha fatto tirare un sospiro di sollievo a molti in Europa. La notizia è stata riportata (in Italia) con grandi sensazionalismi, spingendo un’emittente televisiva nazionale a chiedere agli utenti del Web se secondo loro l’arresto del ricercato avrebbe rappresentato una svolta nella lotta al terrorismo. Circa il 90% degli intervistati ha risposto di no.

Purtroppo la conferma di ciò l’abbiamo avuta solo quattro giorni dopo. Infatti nella mattinata di martedì 22 marzo, nella capitale belga e cuore dell’Unione Europea, 34 persone sono state brutalmente assassinate in un attentato rivendicato nel tardo pomeriggio dall’autoproclamato Stato Islamico per una prevedibile reazione all’arresto di Salah. Colpiti l’aeroporto di Zaventem e le stazione della metropolitana Maelbeek e Schuman, poco distanti dal quartier generale dell’UE.

Immediate le reazioni di cordoglio di diversi capi di Stato in tutto il mondo, anche da parte di Nazioni islamiche moderate. In particolare il Gran Mufti d’Egitto, la massima autorità religiosa del Paese, intervenuto al Parlamento Europeo, ha definito i terroristi “un cancro da estirpare” che “violano gli insegnamenti dell’Islam”.

Ora più che mai è necessario un lavoro di “disinfestazione” di zone come Molenbeek, moderni ghetti in cui il fondamentalismo islamico ha preso pericolosamente piede. Queste zone, che quasi sempre versano in uno stato di forte degrado, sono rifugio di gruppi di imam più estremisti che, complice il loro “potere” di interpretare a modo loro il Corano, diventano pazienti zero di un’epidemia di violenza e fondamentalismo nel nome di Allah.

Il dibattito si è spostato come sempre sul presunto ruolo che l’immigrazione incontrollata avrebbe negli spostamenti dei terroristi. Immigrazione che negli ultimi anni è aumentata a livelli mai visti, specialmente a causa della guerra civile in Siria e della difficile situazione in Libia. I sempre più frequenti attentati hanno portato molti leader nord ed est-europei a mettere in discussione Schenghen. Inoltre Paesi come Austria, Svizzera ed Ungheria hanno iniziato a respingere i profughi e gli immigrati.

Ora è solo questione di tempo, prima che questa forza provi nuovamente ad infliggere un colpo all’ Europa. Ed avendo come nemico anche il tempo è necessario muoversi in fretta, ma con razionalità e lasciando da parte inutili buonismi. Per evitare di dover piangere ancora.

Carlo d’Argenzio